Imitazioni
Facilmente confondibile con: odontolite (sostanza di origine organica, detta anche turchese d'ossa), crisocolla; sintesi: attualmente ottenuta con buoni risultati; imitazioni: sostanze artificiali vetrose varie e materiale naturale di scarse qualità come gemma, trattato artificialmente con vari metodi. L'acquisto delle turchesi richiede oggi una certa cautela: sono moltissime le pietre di turchese ricostituita con polvere di minerali di rame, pressata e fissata ad alte temperature, prima di essere colorata, o quelle artificiali su formula di Pierre Gilson, ideata per il mercato negli anni Settanta del Novecento. Talvolta anche le macchie marroni di limonite, le venature grigie di arenaria o quelle nere di diaspro concrescenti, bastano a garantire, quanto un esame al microscopio.
Tradizione
Gli islamici riconoscevano alla gemma potenti virtù terapeutiche, tanto da usarla come antidoto contro le punture degli scorpioni. I nomadi del deserto al fine di vedere esauditi i loro più ambiziosi desideri, solevano stringere nella mano destra la preziosa pietra azzurra. E fu l'attività mercantile dei nomadi ad alimentare la credenza, ancora viva, che la turchese sia portatrice di fortuna nei commerci: a patto che sulla pietra venga inciso il simbolo dell'Acquario, la costellazione che governa le amicizie e l'abilità negli affari. Più spirituali gli indiani d'America: per loro indossare una turchese significava fondere la mente con l'universo, essendo l'azzurro il colore del Grande Spirito dei Cieli. Felicità e fortuna, secondo gli orientali, può derivare da un anello di turchese, purché regalato da una persona amica. Se il lapislazzuli è come un cielo notturno, blu e stellato, la turchese è il cielo di giorno, celeste e luminoso. E' una delle gemme più antiche, utilizzate come ornamento: i vaghi da collana, rinvenuti in Mesopotamia, risalgono al 5000 a.C. e la gioielleria egizia ha abbondantemente incastonato la turchese del Sinai, la cui polvere era anche di uso cosmetico. La turchese racconta Plinio, si trovava "in mezzo a rupi inaccessibili e ghiacciate" nelle montagne presso Samarcanda, "sporgente in forma d'occhio e debolmente attaccata, come se non fosse parte integrante della roccia ma vi fosse stata poggiata" e veniva staccata, non soltanto per essere usata come "piacevole ornamento", ma "quale valore" per pagare le tasse. Per i tibetani rappresenta il cielo, tanto che sia su collane e cinture, che su reliquari "gau" (ciondoli) e sui copricapi femminili "perak", la turchese è abbondantemente incastonata. La tradizione apache la definisce Ts'its'tsi'nako, "il respiro di Donna Cielo", che "pensa il creato e conduce col canto la vita delle sue sorelle". Una leggenda Pueblo, cara a tutti i gruppi indigeni del Nuovo Messico e dell'Arizona (Hopi, Tano, Keves) narra che in uno dei loro "Kiva", templi sotterranei rituali e luoghi inaccessibili per l'uomo bianco, c'è un altare con colonne di quarzo, dove è custodita una turchese a cuore, "il cuore del mondo". Presso gli Aztechi il dio del fuoco si chiamava Xiuhtecuhtli, che significa "Signore della turchese", mentre Uitzilopochtli, "Principe di turchese" era il Sole allo zenit e la divinità del "fuoco della guerra". Questa gemma, forse per il valore elevato e la scarsa quantità che arrivava fino ai Paesi del Mediterraneo, non fu invece molto utilizzata da Greci e Romani