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Munch rivela una verità tremenda e nell’urlarla, né al mondo né a se stesso, semplicemente urlandola, rivela che essa è ‘ovunque’. Una verità non posseduta, non descritta, ma partecipata, vissuta, tant’è che in essa si è coinvolti senza riscatto alcuno di paradigmi, misure, finzioni.
L’uomo è atterrito, angosciato, annichilito. Non ha volto, non ha sguardo: gli resta l’urlo, flebile atto di resistenza, eco incessante di una presenza svanita. Il declino delle false certezze è cominciato, Dio muore e con lui cedono le forze, si spegne il sole. Dall’entusiasmo allo choc: non è più Dio ad abitare l’uomo, ma l’uomo ad abitare il mondo.
Lo chiameremo ‘Io’ quel misero che urla, isola maledetta in mezzo a un tutto impazzito, fatto caos, tinto di rosso, viola, arancio. L’altare della gioia è diventato un ponte infinito, sospeso sugli inferi. Guai a cadere.