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Rubino

Ultimo Aggiornamento: 06/08/2004 14:41
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06/08/2004 14:41

Tradizione

Il rosso è il colore del sangue, dunque è simbolo di vita, di energia, di forza. Negli antichi riti sacrificali il sangue serviva per placare gli spiriti dei defunti, alla perenne ricerca della vita perduta. Nel corso dei secoli successivi il rosso si legò al concetto di sovranità, potenza e lusso: nelle cerimonie e nei luoghi di culto il rosso e il porpora sottolineavano la supremazia dei regnanti e della classe sacerdotale. Strettissima anche l'associazione alla virilità e all'erotismo: in battaglia gli spartani vestivano mantelli rossi perché questo colore abituava a disprezzare lo scorrimento di sangue; monarchi, condottieri soldati scelti indossavano uniformi rosse per rendersi ben visibili alle truppe e accentuarne la loro autorità di comando. Il rubino presenta facilmente inclusioni in misura più o meno notevole di vario tipo ed aspetto, talvolta caratteristiche per il suo riconoscimento da altre pietre rosse di differente natura mineralogica ed orientative nei riguardi del giacimento da cui provengono i vari esemplari. "La gemme delle gemme" è scritto negli antichi lapidari, la gemma più rara, e per questo talvolta la più preziosa tra quelle usate in gioielleria. Soltanto verso il 1800 si distinse dagli altri carbonchi, i "carbunculi ardenti" e rossi di Plinio. Nella tradizione indiana è la pietra del Sole, per il "fuoco che brucia all'interno". Il padmaraga, o rubino dei brahmini, ha il colore dei petali di rosa rossa e si dice che "renda invulnerabile l'animo", al punto di dover essere lavorata e tagliata solo da coloro che appartengono alla stessa casta. Se la gemma è 'contaminata' da altri, non così spiritualmente evoluti, può rompersi in ogni caso perderebbe il suo "potere". I rubini rosso sangue, provenienti dalla Birmania, che ornavano indumenti e armi dei principi indiani, sono ancora i più belli e pregiati. Il francese Tavernier, che vendette molte gemme indiane al Re Sole, raccontava di aver visto al raja di Bijapur un rubino di 17,5 carati. Questa gemma ora fa parte della collezione Maharani di Baroda ed è considerata tra le cinque migliori del mondo. L'Occidente importò la gemma e con essa anche le "attribuzioni delle sue virtù". Il colore del fuoco lo fece definire da Plinio un "carbunculo mascolo", più forte dunque di altre pietre rosse, perchè incombustibile. Il "Lapidario" scritto dal vescovo Marbodo è considerato il testo del Medioevo più completo sull'argomento, accoglie alla lettera i 'poteri' di questo corindone e lo descrive come "l'occhio rosseggiante", in mezzo alla fronte, di serpenti e draghi marini, che "getta raggi nelle tenebre". La similitudine con il sangue rese il rubino emblema di vitalità e felicità, tanto che il minimo cambio di tono di colore poteva essere interpretato come un cattivo presagio. Questo significato fu esteso 'al fuoco ardente' dell'amore e ha fatto utilizzare il rubino come gemma da incastonare sugli anelli di fidanzamento e su quelli cardinalizi.
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